Elmo a becco di passero del XIV Secolo
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La dimensione del dominio bonacolsiano ha sempre più impronta regionale.
Passerino sarà infatti signore di Modena dal 1312 al 1327. Già
suo padre aveva mire sulla città e quando nel 1310 scoppiano dei
tumulti probabilmente tra i fomentatori c'è lo stesso Rinaldo.
Nel 1312 il podestà propone di mettere a capo della cosa pubblica
Passerino, considerato in grado di difendere la città. Egli entra così
trionfalmente in città e, tra i primi provvedimenti, stipula una tregua
tra Modena e Reggio. Quindi Passerino nomina come podestà a Reggio un
mantovano (nel 1313 fu nominato Luigi Gonzaga) e passa sempre più tempo
a Modena, lasciando a Mantova Butirone. Ben presto a Modena il figlio di
Passerino, Francesco, è creato capitano del popolo mentre i figli
naturali di Butirone, Guidotto e Pinamonte, sono fatti vicari perpetui.
La frattura con la Chiesa
Resti di pugnale baselardo secolo XIV
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Il 1318 è l'anno dell'offensiva antighibellina di papa Giovanni XXII.
Egli dichiara che, essendo vacante l'impero a causa della morte
dell'imperatore Enrico, non sono più da riconoscere come vicari i
Visconti, gli Scaligeri e i Bonacolsi.
Passerino non accetta la situazione, anzi. Decide di muoversi contro
l'esercito pontificio, in collegamento con le forze estensi, scaligere
e viscontee, passando nel bolognese e devastando ogni cosa. Arriva la
scomunica. Passerino la ignora e accoglie gli assassini di Raimondo,
governatore papale ucciso e derubato di una forte somma che stava portando
alla Santa Sede romana. Ma non basta. Passerino osa infatti dividersi il
bottino. Viene così invitato a comparire davanti al papa per il
processo con minaccia di scomunica e di interdizione della città che
lo avesse eventualmente accolto. Il Bonacolsi è accusato inoltre
d'aver rivestito il titolo di vicario di Mantova e Modena con la tirannide
e d'aver imposto ingiuste gabelle agli ecclesiastici.
Inizia il declino dei Bonacolsi. Modena si ribella, i possedimenti di
Passerino vengono presi d'assalto e conquistati.
A questo punto a Passerino non resta che ricorrere all'impero. Il 2 agosto
1327 a Orzinovi, durante un incontro tra i rappresentanti ghibellini
italiani, Lodovico il Bavaro, che indossa la corona d'Italia, promette
d'aiutare Passerino (in cambio di denaro). Poco dopo Passerino è
infatti confermato vicario imperiale e ottiene un'importante concessione:
nel caso in cui un notabile mantovano si fosse reso colpevole di
ribellione egli avrebbe perso la proprietà dei beni che,
automaticamente, sarebbero passati al Bonacolsi.
Elmo detto pentolare fine secolo XIII, inizi secolo XIV
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Il colpo di stato
Nel frattempo Luigi Gonzaga, figlio di quel Corrado che era stato consigliere
di Guido Bonacolsi, accende gli animi del popolo, in fermento contro colui
che era visto come tiranno. Luigi era cresciuto negli anni, politicamente
ed economicamente e con lui la sua famiglia. Fu semplice cavalcare l'onda
del consenso popolare mostrandosi amico del popolo e valoroso sostenitore
della libertà. Luigi radunò quindi in segreto gli avversari dei
Bonacolsi, ricevendo aiuti anche dallo Scaligero.
Celata trecentesca dell'epoca dei Bonacolsi
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La notte del colpo di Stato
arrivò: era il 16 agosto1328 quando il popolo mantovano si sollevava
contro Passerino, colto nel sonno. Il capitano scese in piazza e fu la fine.
La storia si mescola con i toni della leggenda: le cronache riferiscono che
Passerino venne ferito nel combattimento (e discordi sono le attribuzioni del
colpo che lo raggiunse al fianco: probabilmente fu Alberto da Saviola ma la
storiografia filogonzaghesca riferisce che fu lo stesso Luigi). Passerino,
ferito, cerca rifugio nel suo palazzo in sella al suo cavallo ma nella foga
della ritirata batte la testa contro lo stipite del portale e muore. Il suo
cadavere mummificato sarà per secoli conservato nel palazzo dei Gonzaga
come portafortuna e memoria di quella fatidica notte che vide la fine dei
Bonacolsi. Nel Seicento, al tempo di Ferdinando, la mummia era conservata nel
museo delle meraviglie del duca, a cavallo di un ippopotamo, ma celata dietro
ad una tenda per non impressionare troppo le dame. La leggenda racconta che
l'ultima duchessa di Mantova mal sopportasse la presenza di quel cadavere nel
palazzo e che lei stessa avesse chiesto di gettarla nel lago. Superstizione?
Vendetta di Passerino? Semplice coincidenza? La storia afferma solamente che
di li a breve giunse la fine.
Gli statuti Bonacolsiani
È infine necessario precisare come il periodo bonacolsiano sia stato
rilevante dal punto di vista culturale e come una preziosa eredità sia
stata offerta, oltre che dai palazzi costruiti nella città, anche dal
punto di vista del diritto. Ci riferiamo alla stesura degli Statuti
Bonacolsiani (datati tra il 1303 e il 1311), un codice legislativo, una
raccolta giuridica acquisita dai Gonzaga e rimasta alla base della vita
mantovana per secoli.
La cacciata dei Bonacolsi (16 agosto 1328), dipinto di Domenico Morone (1494) conservato in Palazzo Ducale
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Tra i giuristi presenti a Mantova in quegli anni
figurano, tra gli altri, Oddo de Mantua, insegnante allo studium di Bologna,
il maestro Ariprandus, Albertus, Vacella studioso di diritto longobardo.
Negli Statuti si trovano raccolte le leggi consolari (databili tra il 1116 e
il 1187), le podestarili (stese tra il 1187 e il 1274), le dittatoriali
(riferibili dal 1274 fino ai primi anni del Trecento), raccolte in dieci libri,
suddivisi in rubriche. Ecco una breve sintesi del contenuto degli Statuti:
I LIBRO: ci si riferisce alle funzioni del podestà forestiero, in
particolare della tutela della sua indipendenza, e si riferisce delle
disposizioni di diritto penale relative al comportamento dei cittadini in
pubblico.
II LIBRO: riguarda la giurisdizione del podestà, che non comprende
le cause spirituali e quelle di competenza dei consoli dei mercanti.
III LIBRO: si occupa di diritto commerciale.
IV LIBRO: è relativo alle disposizioni inerenti alle corporazioni
(la più importante risulta essere quella della lana). Le corporazioni
erano dette "paratici" dal nome della tassa che si doveva pagare iscrivendosi
e, anche se non c'era distinzione ufficiale tra Arti Maggiori e quelle Minori,
di fatto esisteva un profondo distacco tra le due realtà.
V LIBRO: è organizzato come una miscellanea e una parte rilevante è
dedicata alle elemosine a carico del Comune.
VI LIBRO: si discute in merito ai poteri dei vicari imperiali (ed è
chiaro che ormai le libertà comunali sono prive di significato) e alle
norme relative alle milizie cittadine.
VII LIBRO: ci si riferisce alle cariche subalterne del Comune (ma non per meno
importanti, basti pensare, ad esempio, alle funzioni del Massaro).
VIII LIBRO: si elencano le norme sui ponti, sulle strade, sui fossati e sui
corsi d'acqua.
IX LIBRO: si tratta, tra l'altro, del commercio delle biade e dei legumi (base
dell'alimentazione del tempo).
X LIBRO: riguarda il mondo agricolo, con un'attenzione particolare per la
regolazione della proprietà privata.
(p.a.)
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